Coltivare il Goji non è molto comune in Italia e questo frutto è ancora poco conosciuto, ma tanto apprezzato da una nicchia di consumatori che ne hanno scoperto il valore nutrizionale e in particolare l’enorme ricchezza in antiossidanti. Associato ad ambienti lontani (è originario della Cina) è in realtà un prodotto che si può ottenere anche da coltivazioni italiane e a livello amatoriale.
Scopriamo quindi in questo articolo come ottenere bacche di goji a km zero coltivate con le nostre mani, e ampliare così la gamma dei piccoli frutti autoprodotti.
Per beneficiare al massimo di questo alimento così salutare, è sicuramente consigliato coltivare le piante con metodo ecocompatibile in tutte le fasi, scegliendo tecniche e prodotti più naturali possibili.
La pianta: specie esotiche che si adattano al nostro ambiente
La pianta del goji appartiene alla famiglia delle solanacee, quella che comprende ortaggi ben noti: pomodoro, peperone, patata e melanzana. Quando si parla di goji però le specie sono due, sebbene molto simili:
- Lycium barbarum è quella più pregiata e il cui frutto è più comune sul mercato. La pianta è un arbusto capace di superare i 3 metri di altezza e caratterizzato da tante piccole foglie ovaleggianti, fiorellini bianco-violacei da cui poi si formano le note bacche rosse.
- Lycium chinense, pianta a taglia più piccola rispetto alla precedente e simile per caratteristiche.
Entrambe le specie sono perenni e rivegetano ogni anno. Resistono molto bene al freddo invernale e alle gelate, pertanto possono essere coltivate anche al nord. Amano le posizioni ben illuminate, che sono quelle in cui i frutti presentano una qualità migliore.

Terreno ideale
Sebbene il goji risulti adattabile a svariate condizioni, il suolo ideale è a pH neutro e ben drenante, meglio se ben arricchito di sostanza organica e sufficientemente strutturato.
Preparare il terreno
Per preparare il terreno alla coltivazione del goji bisogna innanzitutto praticare una lavorazione profonda, con attrezzi meccanici in caso di superficie estesa, e preferibilmente lavorando solo le strisce in cui saranno trapiantate le piantine. Il momento della lavorazione del terreno è anche quello in cui somministrare la concimazione di fondo, quella che consente alle piante di attecchire e iniziare a svilupparsi nel miglior modo possibile.
Per una coltivazione ecosostenibile è preferibile scegliere fertilizzanti di origine naturale, che assicurano un ottimo nutrimento alle piante senza sacrificare l’ambiente ma, al contrario, contribuire alla salute del suolo. Consigliamo in particolare:
- Bioactive: è un fertilizzante innovativo, che oltre a fornire nutrimento, contiene funghi antagonisti atti a preservare le colture dai patogeni presenti nel suolo e responsabili di malattie come i marciumi radicali;
- Lo Stallatico: concime organico molto noto, consiste nel letame bovino ed equino maturato naturalmente e pellettato;
- La Pollina: deriva dalle deiezioni di polli e galline ed è molto ricco in azoto e fosforo;
- Humus di Lombrico: in questo caso il letame è stato usato come alimento per i lombrichi, che lo hanno trasformato in una sostanza ancora più ricca di batteri, enzimi ed elementi nutritivi.
Avviare un piccolo impianto di goji
Per produrre una quantità soddisfacente di goji, anche considerando che i frutti possono essere essiccati e che non si è costretti a consumarli rapidamente, è interessante avviare un vero e proprio impianto. I sesti di impianto consigliati sono di 2,5 metri tra le file e 1,5 m tra una pianta e l’altra lungo la singola fila. Le piante possono essere allevate ad alberello oppure a spalliera, in questo secondo caso mediante un sistema di pali metallici e fili orizzontali a cui legare i rami. Il momento più indicato per il trapianto è la primavera.
Gli spazi tra i filari possono essere gestiti mediante lavorazioni o, sicuramente preferibile, tramite l’inerbimento, cioè la crescita di erba spontanea, che impedisce l’erosione del suolo e lo mantiene più ricco di biodiversità e sostanza organica.
Coltivare una pianta in vaso
Il goji è una pianta che si può coltivare anche in vaso per assaggiarne i frutti e per una semplice curiosità botanica.
L’importante è scegliere un contenitore capiente (almeno 40 cm di diametro), in cui le radici non risultino troppo sacrificate. Bisogna inoltre scegliere un substrato di qualità come Terriccio Special, substrato di qualità ottenuto miscelando materie prime naturali particolarmente pregiate, come torba bionda e torba nera, in grado di garantire una prolungata riserva d’acqua per le piante.
Irrigazioni
Fortunatamente la pianta del goji non ha bisogno di tantissima acqua, ma è chiaro che per giungere ad una buona produzione è necessario irrigare spesso durante il periodo primaverile-estivo.
Un investimento di cui non ci si pentirà è quello di allestire un impianto di irrigazione a goccia, stendendo un tubo forato lungo ogni singola fila. Piante coltivate in vaso devono necessariamente essere irrigate più spesso.
Concimazione del goji
Oltre alla concimazione di fondo, somministrata al momento della messa a dimora, ogni anno è doveroso nutrire le piante con concimazioni primaverili. Si possono distribuire gli stessi prodotti di cui sopra oppure con Ortofrutta Bio che apporta una buona fornitura di azoto, fosforo e potassio (NPK).
Potature
La potatura del goji deve essere praticata con costanza, ogni anno, perché se venisse trascurata, i cespugli diverrebbero molto folti ed ingestibili, con più ombra e infine una produzione minore.
Le piante si potano preferibilmente a inizio primavera, al risveglio vegetativo. Per potare, è importante sapere che il goji fruttifica sui germogli dell’anno stesso di formazione, a loro volta inseriti sui rami di un anno.
Nel caso di allevamento a spalliera, si interviene eliminando innanzitutto i rami bassi alla base, ovvero i polloni, e quelli in sovrannumero, scegliendone, per ciascun palco, un paio da legare a destra e sinistra della spalliera. Si eliminano anche i rami vecchi e quelli secchi e quelli che restano vanno comunque accorciati.
Uso dei corroboranti per proteggere le piante
I corroboranti sono dei prodotti del tutto sostenibili ed efficaci nel prevenire malattie, insetti e parassiti dannosi e altre avversità a carico dei vegetali.
Poiché non sono ancora del tutto noti i principali problemi da cui il goji potrebbe essere affetto nei nostri areali, è bene non farsi trovare impreparati ed agire in via preventiva proprio mediante l’uso costante di questi prodotti innovativi ma al contempo naturali. Possiamo trovare, ad esempio, Propoli, Estratto di Ortica, Equiseto, Tannino, Diato Pro, Lecitina di soia, Zeolite, Caolino (per saperne di più clicca qui).
Sappiamo che le piante del goji possono subire attacchi da parte degli afidi, insetti con apparato boccale pungente succhiante che sottraggono la linfa ai tessuti vegetali. Per fortuna in natura sono predati dalle coccinelle e da altri insetti utili, ma gli attacchi forti devono essere arginati con qualche trattamento. Non occorrono, a questo proposito, dei veri insetticidi: Sapone Molle è un corroborante molto efficace nel proteggere i vegetali dagli afidi e da altri insetti a tegumento molle. Lo si usa diluito in acqua e irrorato al bisogno, a coprire tutte le parti interessate in modo uniforme.
Raccolta ed essiccazione delle bacche di goji
I frutti si raccolgono in un lasso di tempo abbastanza lungo, che va da agosto a novembre. Sono bacche ellissoidali, di colore arancio o rosso scuro, e possono essere consumate tali e quali, oppure essiccate come si trovano in commercio. L’essicazione tradizionale prevede una prima fase all’ombra, fino al momento in cui la buccia diventa ben raggrinzita, e una seconda fase al sole con cui viene ultimata la disidratazione della parte esterna, con la polpa che resta invece morbida all’interno.
